Con poche e chiarissime pagine, l'autore disegna lo stato comatoso del paese: il grido di dolore è intergenerazionale e senza sconti, con una rassegna rapidissima di nomi e cognomi, a partire dai vertici del paese, dello Stato, del Potere variamente declinato. Beha si domanda come uscire da queste sabbie mobili, ammesso che sia ancora possibile uscirne. Non basta certo più "resistere", bisogna organizzare uno spirito partigiano che ci permetta di vincere questa guerra che in realtà è una "pace incivile" mascherata da scadentissima vita collettiva e da contrapposizioni becere e truffaldine. Occorre tessere una tela tra associazioni che dal basso facciano sentire la loro voce, specie attraverso la rete, e coinvolgere i comuni con amministratori irreprensibili (e ce ne sono) perché al centro della politica il marcio avanza più rapidamente.